Quanto guadagna una collaboratrice domestica all’ora: ecco il prezzo ufficiale

La retribuzione di una collaboratrice domestica in Italia è regolamentata da precise tabelle ufficiali che vengono aggiornate periodicamente, tenendo conto dell’inflazione e della categoria contrattuale di appartenenza. Il lavoro domestico in Italia include figure professionali come colf, badanti e baby sitter, ognuna delle quali può essere inquadrata a diversi livelli a seconda delle mansioni svolte e delle responsabilità specifiche.

I livelli contrattuali e le differenze di retribuzione

Le collaboratrici domestiche sono suddivise in categorie contrattuali, i cosiddetti livelli, ciascuno dei quali prevede un minimo retributivo orario stabilito dalle tabelle ufficiali del Ministero del Lavoro e aggiornato ogni anno. Nel 2025, le fasce retributive minime sono state così determinate:

  • Livello A: 5,35 euro all’ora
  • Livello A Super: 6,30 euro all’ora
  • Livello B: 6,68 euro all’ora
  • Livello B Super: 7,10 euro all’ora
  • Livello C: 7,49 euro all’ora
  • Livello C Super: 7,91 euro all’ora
  • Livello D: 9,12 euro all’ora
  • Livello D Super: 9,50 euro all’ora

Questi valori si riferiscono alle mansioni di base e alle figure più qualificate, come le badanti o le colf addette all’assistenza di persone non autosufficienti o che svolgono funzioni con maggiore autonomia e responsabilità. È importante sottolineare che le tariffe orarie possono variare anche in funzione della zona geografica, dei compiti effettivamente svolti e dell’esperienza maturata dalla lavoratrice .

Distinzione tra lavoratrici conviventi e non conviventi

Le collaboratrici domestiche possono essere inquadrate come conviventi o non conviventi, e questa distinzione incide direttamente sulla retribuzione oraria e sugli importi spettanti per i servizi offerti.

Lavoratrici conviventi

Le collaboratrici conviventi vivono nella stessa abitazione in cui prestano servizio e normalmente beneficiano anche di vitto e alloggio. I valori minimi retributivi includono questa componente e sono leggermente inferiori rispetto a quelli dei non conviventi, proprio perché una parte della retribuzione è rappresentata da beni e servizi forniti dal datore di lavoro .

Lavoratrici non conviventi

Le collaboratrici non conviventi, che lavorano fino a un massimo di 8 ore giornaliere non consecutive su cinque o sei giorni alla settimana, ricevono una retribuzione oraria generalmente superiore, che per il 2025 è compresa tra 6,11 euro e 11,54 euro all’ora a seconda del livello e delle mansioni . Questa fascia più alta si spiega con l’assenza di vitto e alloggio compresi nello stipendio.

Paga oraria minima in base alle mansioni

Le mansioni svolte da una collaboratrice domestica determinano il livello contrattuale e, di conseguenza, la paga oraria riconosciuta dal CCNL. Alcuni esempi pratici di paga oraria minima secondo la suddivisione delle mansioni sono:

  • Colf generica (livello A): circa 5,35 euro all’ora
  • Baby sitter (livello B): circa 6,68 euro all’ora
  • Badante per persona autosufficiente (livello B): 6,68 euro all’ora
  • Assistente familiare qualificata (livello D): 9,12 euro all’ora
  • Badante per persona non autosufficiente (D Super): 9,50 euro all’ora

Questi importi si riferiscono ai minimi tabellari, ai quali vanno sommate eventuali indennità, maggiorazioni per lavoro notturno o festivo, e quota di TFR (Trattamento di Fine Rapporto). La retribuzione effettiva può essere quindi superiore in caso di straordinari o servizi aggiuntivi .

Per approfondire la natura di queste mansioni e le relative regolamentazioni, è utile consultare la voce italiana di lavoro domestico su Wikipedia.

Considerazioni su elementi accessori della retribuzione

Quando si discute di quanto guadagna una collaboratrice domestica all’ora, è fondamentale ricordare che la paga oraria riportata dalle tabelle ufficiali rappresenta il lordo e quindi non tiene conto delle “competenze accessorie”:

  • Ferie e festività: sono previste per legge e il calcolo deve includerle nel totale maturato.
  • TFR: ogni mese una quota della retribuzione va accantonata per il trattamento di fine rapporto.
  • Contributi previdenziali: il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi INPS e INAIL per la collaboratrice. I contributi variano in base alle ore settimanali lavorate e alla presenza di vitto e alloggio.
  • Indennità di vitto e alloggio: solo per le lavoratrici conviventi, secondo valori minimi fissati ogni anno.

Questi elementi hanno un impatto sul costo complessivo del lavoro domestico per il datore di lavoro, portando il valore complessivo ben al di sopra della semplice paga oraria pattuita .

È bene sottolineare che una parte significativa della retribuzione e degli obblighi contributivi delle collaboratrici domestiche è regolata dal Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico (CCNL), fonte normativa di riferimento per tutto il settore in Italia e soggetto a revisioni periodiche da parte delle parti sociali e del Ministero.

Fattori che influenzano la paga oraria effettiva

Al di là dei minimi legali, la paga oraria effettiva di una collaboratrice domestica può differire notevolmente e dipendere da:

  • Zona geografica: nelle grandi città e nelle zone dove la richiesta di personale è più elevata, le retribuzioni tendono a essere maggiori rispetto a quelle delle aree rurali o meno popolate.
  • Esperienza e competenze: collaboratrici con una lunga esperienza o qualifiche specifiche (ad esempio, operatori socio-sanitari) possono negoziare salari più elevati.
  • Complessità delle mansioni: l’assistenza a persone non autosufficienti o con patologie richiede una preparazione particolare e comporta responsabilità maggiori, incidendo sul livello e sulla paga riconosciuta.
  • Orari e flessibilità: il lavoro notturno, nei giorni festivi o in orari disagiati viene sempre maggiorato rispetto al normale orario diurno.

Anche la contrattazione privata può incidere: nonostante l’obbligo di rispettare i minimi tabellari, in molti casi, specie attraverso agenzie o accordi tra privati, i compensi possono essere superiori a quelli stabiliti dalla legge, soprattutto in periodo di elevata richiesta .

Infine, il ricorso a collaboratrici “regolari”, assunte secondo le regole e con tutti i contributi a norma, rappresenta una tutela sia per la lavoratrice che per il datore di lavoro, garantendo diritti riconosciuti dalla legge e l’accesso a prestazioni previdenziali, malattie e maternità.

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